Storia del vino rosé

Dopo l’exploit al recente Concours Mondial De Bruxelles, che ha incoronato miglior vino al mondo proprio un vino rosé italiano, i vini rosati continuano a conquistare gli appassionati di vino con la loro delicata colorazione e il gusto fresco e fruttato. Cosa li rende così speciali e, soprattutto, quali sono le origini di questa particolare tipologia di vini?
Storia del vino rosé

Che vino è il vino rosé?

A metà tra i rossi corposi e i freschi vini bianchi, i vini rosé si contraddistingue per la loro tipica colorazione rosa chiara, che ricorda le tinte tenui e delicate di un’alba primaverile. Nascono da uve a bacca rossa e si ottengono con un processo di vinificazione simile a quello dei vini bianchi. L’unica differenza è che il mosto resta in contatto con le bucce per un breve periodo, da poche ore a un massimo di due giorni, lasso di tempo in cui esse riescono a rilasciare solo una parte di colore e di tannini. La macerazione breve conferisce ai vini rosati il caratteristico colore tenue, senza i toni intensi che si avrebbero lasciando macerare più a lungo le bucce, e un’ampia gamma di sfumature di colore, dai gialli aranciati molto pallidi ai rossi chiari e luminosi, correlate a diversi fattori come la qualità dell’uva utilizzata, le tecniche di vinificazione, le peculiari caratteristiche del territorio, le modalità di conservazione del vino.

Il vino rosato è stato, per lungo tempo, una tipologia di vino con difficoltà di affermazione sul mercato, poiché percepita come priva di una chiara identità e definizione. Ritenuto erroneamente un vino più femminile o da consumare solo durante il periodo estivo, è stato spesso considerato quasi un prodotto di serie B, figlio del pregiudizio che fosse realizzato mescolando vini bianchi e rossi di bassa qualità e invenduti. Questo luogo comune, radicato per diversi decenni, ha a lungo penalizzato il rosato e ne ha svalutato le intrinseche qualità agli occhi dei consumatori. Oggi finalmente il rosato sta uscendo dall’ombra, grazie a nuove produzioni capaci di esprimere terroir e vitigni, soddisfacendo anche i palati più esigenti. Per lasciarsi alle spalle gli stereotipi del passato, è servito un cambio culturale che ne riconoscesse le proprietà organolettiche e le potenzialità enoiche proprie, distinte da quelle dei vini rossi e bianchi.

Tutti pazzi per il vino rose: alcuni dati su produzione e consumi

Più che una moda passeggera, negli ultimi dieci anni è cresciuto il consumo a livello mondiale di vino rosé che si è ritagliato una interessante quota di mercato, con una produzione che, nel 2019, ha raggiunto i 23,5 milioni di ettolitri. 

I maggiori consumatori di rosati sono la Francia, la Germania e gli Stati Uniti.

La Francia si conferma, ancora oggi, il principale produttore al mondo di rosati e, in Provenza, “patria” di questi vini e dove il rosato ha una lunga tradizione, è considerato non un vino, ma il vino.

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Chi ha inventato il vino rosé?

Alcuni fanno risalire le origini del vino rosato addirittura alle antiche civiltà mesopotamica, greca e romana. Nel De Re Coquinaria, Apicio spiega il metodo per ottenere un vinum rosatum perfetto: «cogli molti petali di rose, togli la parte bianca e mettili a bagno nel vino per sette giorni. Ripeti tre volte l’operazione sostituendo i petali con altri freschi e alla fine toglili e filtra il vino; quando vorrai berlo, aggiungi del miele». È evidente che, così come lo intende Apicio, questo tipo di rosato è solo un vino profumato, addolcito con il miele, anche se è probabile che anche i Romani producessero tipologie di vino rosato con tecniche di vinificazione simili a quelle odierne: un vino rosso chiaro, ottenuto da una breve macerazione o da un miscuglio di uve bianche e rosse, detto vinum clarum e ripreso, poi, nel Medioevo come vinum claratum, da cui ebbero origine quei vini dal colore più tenue, adatti alle persone di rango più elevato per i quali, invece, il vino rosso era volgare.

La nascita del rosato, secondo altri, affonda le sue radici nel Medioevo, in particolare nella regione francese della Provenza dove, fin dal XIII secolo, i vini rosati godevano di grande apprezzamento.

Tuttavia, con l’avvento del XIX secolo, l’attenzione dei viticoltori si concentrò prevalentemente sui vini rossi e bianchi, relegando i rosati a un ruolo marginale. Solo nel XX secolo si assistette a una loro rinascita. Un evento chiave in questo processo fu la richiesta del generale americano Charles Poletti, commissario per gli approvvigionamenti degli alleati in Italia durante la Seconda Guerra Mondiale. Egli chiese a un produttore salentino una grande quantità del suo vino rosato “Cinque Rose”, proveniente dalla località omonima, che venne poi ribattezzato “Four Roses” per il mercato americano.
Questo vino, imbottigliato nel 1943 da Leone De Castris, divenne il primo rosato ad essere commercializzato anche negli Stati Uniti. Il successo del “Four Roses”, ottenuto da uve Negroamaro e Malvasia Nera, spinse a un aumento della produzione di rosato in Italia.

Alla storia documentata sulle origini del rosato si intreccia anche una leggenda, secondo la quale, presso un piccolo villaggio sulle rive del Lago di Garda un prete pigro escogitò un piano per sopperire alla sua mancanza di impegno nella produzione di vino per le messe: entrò di nascosto nella cantina del paese, rubò il mosto da una botte, ma per la fretta lo lasciò a contatto con le bucce per un tempo minore rispetto al consueto. Il risultato fu un vino dal colore rosato, che pur facendolo scoprire, diede vita a una nuova tipologia di vino apprezzata da tutti.

Rosavì, il nuovo vino rosato delle Cantine Gulino

Alla fine dell’Ottocento, come riporta L’Agricoltore calabro-siculo. Giornale di agricoltura meridionale (1896), nella provincia di Siracusa si producevano vini rosati «limpidissimi e delicati, di giusta alcolicità, di gusto franco e trovano facile smercio nei mercati dell’interno della Sicilia, dove servono per il diretto consumo». Vini che potevano anche essere anche oggetto «di attiva esportazione verso l’estero, giacché sono vini ben riusciti».

Dalle uve del Nero d’Avola, vitigno storico e autoctono del territorio siracusano, nasce Rosavì, il vino rosato di nostra recente produzione. Il colore rosa tenue cattura l’occhio con la sua limpida luminosità. Al naso, è un’esplosione di profumi con note più floreali che fruttate. In bocca, il sorso è pieno e fresco, con una vivace acidità che regala una piacevole bevibilità. Il tannino appena accennato aggiunge un tocco di eleganza e complessità, completando il profilo di questo vino delicato e raffinato.

Un vino che conquista con la sua freschezza e il suo gusto armonioso, ideale per ogni momento di convivialità, perfetto per accompagnare antipasti, salumi e formaggi, primi piatti.

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