Vigneti ben curati danno vino buono
7 gennaio 2019 – Sì, è vero. Con l’arrivo della stagione invernale e le piante di vite addormentate nei nostri vigneti, sembra quasi che il tempo si sia fermato.
Ci sentiamo un po’ come quelle mamme che, dalla culla, osservano il bimbo mentre dorme, ne controllano il respiro e pensano: è tutto a posto.
In un’azienda vinicola il lavoro, però, non si ferma mai. Forse rallentano i ritmi, ma è questo il momento in cui i vigneti hanno più bisogno di noi e del lavoro del vignaiolo.
Abbiamo salutato il vecchio anno con un brindisi e, con un altro, accogliamo il nuovo.
Nonostante le tante confezioni e i pacchi regalo, le visite e le degustazioni, le spedizioni degli ordini sul nostro shop online a rendere frenetica la festosa atmosfera natalizia, il nostro pensiero corre sempre ai nostri vigneti. A quegli arbusti che oggi ci appaiono così sparuti, quasi indifesi a sfidare le sferzate del vento, con la sola compagnia dei timidi raggi del sole che li inondano del loro tepore.
Tutto questo, però, con occhi sempre vigili anche in cantina.
Perché si avvicina un altro momento importante dell’anno: l’imbottigliamento.
Il mese di gennaio è davvero un nuovo inizio. Si riparte, per così dire, da zero.
Come abbiamo già spiegato, il periodo del riposo invernale inizia con la caduta delle foglie dalle piante di vite e termina in primavera, con l’arrivo della bella stagione e le temperature più miti.
I lavori che eseguiamo in questa particolare fase del ciclo di vita delle viti sono i più importanti perché servono a preservare i vigneti e a preparare le piante alla loro rinascita.
La potatura secca – quella, cioè, che si esegue nel periodo invernale – serve ad assicurare benefici alle viti e metterle nelle condizioni di sviluppare tutto il loro potenziale produttivo. Il vignaiolo sa come e dove tagliare per modellare le piante, equilibrare il carico di gemme e dare il giusto spazio a quelle che verranno.
Forse non ci avete mai pensato, ma la qualità dei vini che beviamo è il frutto di questo lavoro preparatorio lungo, ma costante, quotidiano, necessario, alla ricerca di un equilibrio perfetto tra ciò che la natura sa fare e il lavoro materiale dell’uomo.
La vera partita, per un produttore di vino, si gioca su questo terreno. L’uva buona che raccogliamo ad agosto durante la vendemmia è tale proprio perché ci siamo presi cura della casa in cui i grappoli sono nati e cresciuti e sono stati coccolati, nutriti e protetti.
Se la vigna è sana, curata e tenuta bene, l’uva sarà altrettanto buona e il vino eccellente.
Siamo custodi di questo paesaggio che modelliamo nel rispetto della natura e del suo ciclo vitale per dare forma, carattere e struttura ai nostri vini, simboli eletti del nostro territorio.
Che cosa ci lascia l’anno appena trascorso?
L’inizio di un nuovo anno è, per tutti, il momento di guardare avanti facendo tesoro di ciò che ci si è appena lasciati indietro. Per noi che, nei prossimi mesi, assaggeremo i frutti del lavoro dell’anno trascorso, è un momento particolare.
Di pianificazione, di novità e di bilanci.
Ci lasciamo alle spalle una vendemmia soddisfacente.
I dati nazionali, relativi alla vendemmia del 2019, evidenziano un lieve calo di produzione rispetto al 2018, dovuto in parte alla primavera tardiva e al freddo che si è protratto più del solito.
Una calo generalizzato che confermiamo, dal nostro piccolo punto di vista, ma che, però, non deve allarmare a fronte di un’ottima qualità dell’uva raccolta. La Sicilia ha avuto anche il primato di essere stata la prima regione d’Italia a iniziare la vendemmia, già ai primi di agosto.
Al di là dei numeri e delle statistiche, il vino siciliano cresce in termini di qualità e, soprattutto, in termini di percezione all’estero, dove sono sempre più apprezzati i vini che riescono a esprimere e raccontare l’identità del territorio e a far emergere la genuinità del rapporto tra uomo e natura.
Anche i vignaioli si affidano ai santi!
Una curiosità: il 22 gennaio si celebra San Vincenzo Martire, considerato patrono dei vignaioli e protettore dei vigneti. Molto venerato in Francia, dove però si festeggia il 5 aprile, era il santo cui, in passato, i contadini italiani rivolgevano le loro preghiere, soprattutto in caso di calamità naturali, siccità che mettevano a rischio le piante, per invocarne la protezioni sui preziosi frutti della terra.
In alcune località del Veneto, per esempio, dove la peronospora aveva distrutto molti vigneti, i vignaioli cercarono un santo che potesse intercedere per loro e scelsero appunto San Vincenzo.
Al di là del culto religioso, la data ha un valore simbolico per l’inizio dei lavori nei vigneti, anche se come abbiamo visto i lavori nella vigna durante il riposo invernale non si fermano e coprono un arco temporale abbastanza ampio. Pare, però, che il giorno dedicato al Santo corrisponda a un periodo lunare favorevole e benevolo per le attività da svolgere in vigna.
Nella comune iconografia, San Vincenzo è raffigurato spesso con un grappolo d’uva in una mano e la palma del martirio nell’altra.