Chardonnay, vitigno campione della viticoltura internazionale
La mia è la storia di un francese in terra sicula.
Nasco da un vitigno cosmopolita che, dalle regioni francesi della Borgogna e dello Champagne, si è diffuso anche nella patria dei vini bianchi freschi e vivaci, dei rossi di carattere e dei dolci inebrianti, la Sicilia. In quest’isola dalle infinite sfumature, lo Chardonnay si è adattato all’estrema varietà dei paesaggi, godendo di questa ricchezza, ha trovato terra confortevole dove prosperare, accolto da un clima benevolo e favorevole.
Ha saputo creare una perfetta sintonia con l’identità siciliana, frutto di sovrapposizioni e fusioni stratificate nei secoli, e le tante sfumature di questa terra.
Ha trovato una nuova patria e, io, vino Chardonnay che nasce da questo vitigno coltivato nei terreni di Contrada Fanusa, a pochi passi dalla costa ionica siracusana, sono riuscito a dare il meglio di me insieme agli altri illustri rappresentati di questo territorio, come il Moscato, il Nero d’Avola, l’Albanello.
Perché, se si potesse definire il vino bianco Chardonnay con una sola parola, sarebbe senza dubbio questa: versatilità.
Chardonnay, caratteristiche del vitigno e dei vini
Sebbene la patria enologica del vitigno Chardonnay sia la regione vinicola del Macon, nel sud della Borgogna, dove insiste l’omonimo paesino, oggi lo Chardonnay ha valicato i confini francesi ed è diventato uno dei vitigni a bacca bianca più diffusi al mondo, anche in Italia, dove fa il suo ingresso ufficiale nel 1978 e mette radici in Valle d’Aosta, Lombardia, Veneto e – dulcis in fundo – anche nella soleggiata Trinacria: si contano, oggi, circa 20.000 ettari coltivati a Chardonnay nel Belpaese.
So bene di avere alle spalle una lunga tradizione, ma risalire alle sue origini storiche non è semplice: si dice, infatti, che le sue radici siano orientali e che affondino nei suoli argillosi delle colline intorno a Gerusalemme. Che siano stati i Crociati, nel Medioevo, al ritorno dal Medio Oriente, a portare un vino chiamato “Porte de Dieu”, traduzione dell’ebraico “Shahar Adonay” (Porta di Dio), perché Gerusalemme è la città in cui ogni porta conduce al Tempio di Dio.
Confuso per lungo tempo con il Pinot bianco, solo nel 1903 lo Chardonnay ha ottenuto una sua identità indipendente: geneticamente è il frutto di un incrocio tra il vitigno Pinot Noir, da cui eredita i profumi più minerali e terrosi, e il Gouais Blanc, vitigno di origine slava.
I primi a coltivarlo, tra l’VIII e il X sec. d. C., furono i frati dell’abbazia di Pontigny.
Pare, infine, che nell’Alto Medioevo fosse noto nella regione di Champagne con il nome di Formenteau, per via del colore dei piccoli grappoli d’uva, dorato e brillante, simile a quello dei chicchi di grano.
Vi ho parlato di versatilità.
Che, per il vitigno Chardonnay, si traduce nella sua straordinaria capacità di adattarsi alle caratteristiche dei terreni, ai climi più disparati, alle abitudini e abilità dei vignaioli. Un vitigno multiforme, capace di “leggere” i terreni, meglio se di tipo calcareo-argilloso, e di adattarsi alle condizioni climatiche, con preferenza per le zone fresche e ventilate. Muta pelle a seconda dei territori in cui viene coltivato, grazie alla ricchezza di componenti aromatiche che di volta in volta si sprigionano nel calice: laddove il clima è caldo, il vino è corposo ed emerge la componente floreale e fruttata, con evidente frutta matura, nei climi caldi; se è freddo, è più secco ed emerge quella minerale.
Non solo: dallo Chardonnay nascono i migliori spumanti e champagne del mondo, ma questo vitigno regala anche ottimi vini bianchi, eleganti e sofisticati. Proprio come me.
Chardonnay, vino Akram
Il mio nome è Akram, una parola di origine georgiana che significa “generoso”, e nasco da uve Chardonnay coltivate, nutrite e cresciute al sole di questo lembo estremo di Sicilia, cuore del Val di Noto. Sono un vino Chardonnay bianco, cosmopolita e sofisticato, dalla forte e riconoscibile anima sicula che si esplica negli aromi di frutta fresca a polpa gialla, come mela e pera, e tropicale, nelle note agrumate e minerali, fresco, strutturato, sapido.
Invecchio in silos di acciaio e trascorro, per l’affinamento, tre mesi in bottiglia.
Potete abbinarmi a crudités di pesce, alle tipiche linguine alla siracusana oppure a un’altra ricetta tipica del nostro territorio, il coniglio “alla stemperata”.
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