Che vino bere con il couscous siciliano?

Il couscous è un piatto siciliano divenuto un patrimonio culturale che racconta secoli di storia, migrazioni e scambi. Erede di un’antica tradizione mediterranea, ogni granello unisce passato e presente in un piatto che continua a deliziare e affascinare.
Che vino bere con il couscous alla siciliana

Couscous siciliano: un piatto che intreccia culture, tradizioni e sapori antichi

Narra la leggenda che il mitico re Salomone, innamorato della regina di Saba, perse l’appetito a causa delle sue pene d’amore. Per fargli ritrovare l’interesse per il cibo, i suoi cuochi decisero di preparare un piatto particolare, speciale e molto nutriente, di cui il re divenne ghiotto: il couscous.

Piatto versatile e ricco di storia, il couscous è un alimento base della cucina nordafricana, ma ormai diffuso in tutto il mondo. È costituito da piccoli granelli di semola di grano duro, cotti al vapore, e può essere condito con verdure, carne o pesce a seconda delle numerose varianti che esistono da territorio a territorio, da regione a regione.

Che origine ha il couscous?

Simbolo della ricca tradizione gastronomica mediterranea, il couscous siciliano affonda le sue radici in un’antica ricetta nata tra le dune del Sahara, nelle antiche terre berbere del Nord Africa tra l’XI e il XIII secolo. In lingua berbera kuskus significa impasto di acqua e farina.

Le prime testimonianze accennano a un alimento semplice, preparato con granelli di semola di grano duro, molto nutriente, che poteva essere conservato a lungo: per i Berberi non era solo ta’am, “cibo”, ma anche aish, “vita”.
Secondo alcuni studiosi il couscous sarebbe, invece, nato nell’antica Numidia (Algeria), ai tempi di Massinissa, sulla base del ritrovamento di frammenti di terracotta forati risalenti al II secolo a. C.,appartenenti forse a recipienti adibiti alla preparazione di questa pietanza.

Simbolo dell’integrazione tra i popoli, è il piatto che chiude il Ramadan e il primo pasto dello Shabbat.

Furono gli Arabi, durante le loro grandi conquiste, dal XIII sec., a diffondere il couscous nel Mediterraneo, un viaggio durante il quale si adatterà alle culture, alle usanze e ai gusti dei popoli che incontrerà sulla propria strada.
Le prime testimonianze italiane sul couscous risalgono alla metà del Cinquecento.

Nel trattato geografico di Giovanni Battista Ramusio, Delle navigazioni et viaggi, che, nel 1550, raccoglie scritti di autori diversi, un capitolo è dedicato all’Africa e alle abitudini alimentari delle popolazioni marocchine che «sogliono anchora mangiare carne bollita, et insieme cipolle et fave, ò pure l’accompagnano con un altro cibo, dito da essi Cuscusu».
Qualche anno dopo, il volume di Francesco Sansovino, Del governo et amministratione di diversi regni (1578), descrive anche il procedimento per la preparazione del couscous, secondo un metodo ancora attuale: «ma il verno mangiano carne a lessa, insieme con quella vivanda che è detta cuscusu, la quale si fa di pasta come i coriandoli, et lo cuociono in certe pignatte forate per ricevere il fumo di altre pignatte, dopo vi mescolano dentro butiro, et lo bagnano di brodo».

Tra il 600 e la fine del 700 i pescatori di corallo genovesi, conosciuti come corallari, contribuirono ulteriormente alla diffusione del kuskussù nel Sud Europa. Partendo dall’isola di Tabarka, di fronte alle coste tunisine, portarono con sé questa prelibatezza durante i loro viaggi attraverso la Spagna, la Francia, la Liguria e la Sardegna. Qui il piatto magrebino arrivò nell’isola di San Pietro dopo la fondazione della città di Carloforte nel 1738, in una versione particolare condita solo con verdure.

Aumentano anche i riferimenti letterari, come quello di Edmondo de Amicis che, nel 1875, pubblicò Marocco, il resoconto di un suo viaggio in Africa, frangente nel quale descrisse in maniera poco entusiastica il cous cous anche se, successivamente, nel parlerà come di un «piatto di principi e di popolo».

Il primo a dettagliare la ricetta completa del cuscussù è stato, nel 1891, lo scrittore e gastronomo Pellegrino Artusi: egli, pur non risparmiando critiche alla pietanza per via della laboriosità della sua preparazione, spiegava che il couscous era «usato in Italia per minestra dagli israeliti».

Chi ha portato il couscous in Sicilia?

In Sicilia, la provincia di Trapani è la regina del couscous siciliano, dove si prepara alla ghiotta: semola, acqua e una lunga cottura a vapore con brodo di scorfano rosso, scorfano nero, cernia, pesce san Pietro, vopa, gallinella, lùvaro e anguilla delle saline, gamberi o scampi. Un classico della cucina trapanese.

Per quanto riguarda la Sicilia, incerto è il momento in cui il couscous giunse e si diffuse sull’isola.

Sebbene alcune fonti lo attribuiscano all’epoca musulmana, altri sostengono che sia stato introdotto dai sefarditi verso la fine del XV secolo. Ciò che è certo è che già alla fine del Settecento il piatto era già ben radicato a Trapani, dove il couscous trapanese veniva preparato con un ricco brodo di pesce. 

Un secolo dopo troviamo una testimonianza nel saggio antropologico sugli usi e i costumi del popolo siciliano di Giuseppe Pitrè. Egli descrive un matrimonio a Trapani nel corso del quale fu «regalata al parroco una pietanza chiamata cuscusu colla carne di porco, vivanda in Sicilia dai saraceni lasciata». Continua, poi con la dettagliata descrizione della semola, simile a quella tradizionale nordafricana: «formasi con della semola in un vaso, ove di tanto in tanto spruzzandosi dell’acqua, e strisciandovisi leggermente la mano in giro, in minutissime coccoline si riduce; quindi su una pentola, o sia dentro la sola carne a bollire, un’altra con ispessi e piccoli buchi nel fondo e che la preparata semola contiene, assettandosi, al caldo fumo di quella, che le sta sotto si cuoce». 

Nel 1785 il Vocabolario siciliano etimologico registra la voce cuscusu: «dicciano una sorta di pasta per lo più fatta di semola ridotta in forma di piccolissimi granelli, che cotta si mangia in minestra».

Con la fine dell’Ottocento, grazie ai corallari trapanesi che, tornando dalle loro spedizioni, portarono con sé questa pietanza, il couscous si diffuse in modo più capillare in tutta l’isola, al punto che, nel 1910, Cougnet, in uno dei primi ricettari regionali d’Italia, può affermare che esso sia ormai parte della tradizione culinaria siciliana.

Oggi, il couscous siciliano è un patrimonio che unisce tradizioni arabe, ebraiche e siciliane, una viva testimonianza della ricchezza e della complessità della storia dell’isola.

Cosa abbinare al couscous siciliano?

Compagno ideale per il couscous siciliano è il nostro vino bianco Chardonnay Akram, dalla forte personalità sicula e cosmopolita allo stesso tempo. 

Le sue note fruttate e agrumate si sposano alla perfezione con i sapori caratteristici del pesce e delle verdure del cous cous, mentre la mineralità del vino esalta la freschezza del piatto. La freschezza e la struttura di questo vino valorizzano i profumi del piatto, mentre la sapidità accompagna alla perfezione la ricchezza dei condimenti.

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